Brian Eno
hIstory:
La figura che riassume una parte
significativa della musica inglese d'avanguardia degli anni '70
è Brian Peter George StJohn Le Baptiste de la Salle Eno,
nato nel 1948 a Woodbridge, nel Sussex. L'importanza
retrospettiva della sua opera cresce di anno in anno. Non solo
Eno ha apportato rivoluzionarie innovazioni nel modo di concepire
e realizzare una canzone di musica rock: a metà degli anni '70
ha inventato la musica ambientale, destinata a diventare uno dei
generi principali degli anni '90. Con i suoi dischi e i suoi
scritti Eno ha teorizzato un nuovo modo di fare e fruire musica.
E' probabile anzi che ci vorranno ancora dei decenni prima che la
musica finisca di assorbire le sue intuizioni.
Negli anni '60 Eno, lasciato il convento
cattolico dove ha ricevuto l'istruzione media, studia arti visive
a Ipswich e, da cantinaro, musica sperimentale a Winchester;
apprende le tecniche radicali della musica concreta, aleatoria,
gestuale, minimale ed elettronica (inventa persino una macchina
sonora ad acqua piovana e registra un pezzo per percussione di
lampada metallica).
E' il 1968 quando condensa queste esperienze nel libro manifesto "Music
For Non-musicians", nel quale propugna la figura
del "non-musicista", tecnicamente del tutto
incompetente ma dotato di genio creativo. L'opera d'arte deve
essere composta in tre fasi: concepimento del brano, esecuzione
da parte di singoli strumentisti (questi sì competenti) e
manipolazione finale dei nastri da parte dell'autore. Eno è
interessato soprattutto alla terza fase.
Dopo aver conseguito la laurea in Belle Arti (1969), Eno si
guadagna da vivere lavorando come grafico per un quotidiano della
capitale e al tempo stesso si offre come tecnico del suono al
complesso rock Roxy Music. Presto la seconda
attività prevale sulla prima e il tecnico del suono viene
promosso al sintetizzatore, strumento tramite il quale Eno
inietta stranianti effetti elettronici sulle canzoni del gruppo.
Abbandonato il gruppo dopo il secondo album (1972), nei due anni
successivi Eno si dedica a una infinità di collaborazioni, sia
come musicista sia come produttore. L'esordio creativo avviene
per piccoli passi, ma fin dall'inizio Eno si muove lungo due
binari paralleli. Da un lato l'approccio tecnologico, che
consente al non-musicista di fare musica e che trasforma il
compositore in programmatore di apparecchiature sofisticate
(sintetizzatori, equalizzatori, unità di eco, unità di ritardo,
registratori e monitor). Dall'altro lato si situa l'operazione
del musicologo rock che ragiona sul rock stesso, riciclando stili
e temi dejavu in maniera opportunamente ricodificata secondo una
prassi tipicamente post-moderna.
Da un lato prendono corpo allora gli esperimenti ai nastri in
coppia con Robert Fripp, mentre dall'altro Eno
sconvolge la tradizione della musica rock con la tetralogia di Here
Come The Warm Jets, Taking Tiger Mountain,
Another Green World e Before And After
Science.
No Pussyfooting è un album di "tipi
musicali di suono", ovvero frammenti di suono che sono
associati mentalmente a strumenti o a forme noti, anche se di per
sé quei frammenti non sono musicali. Sia questo album sia il
successivo Evening Star stratificano gli
arabeschi chitarristici di Fripp sulle figure
elettroniche di Eno. Per quanto l'intuizione sia foriera di
sviluppi importanti, queste opere rimangono irrisolte,
ripetitive, pedanti, tutt'al più atmosferiche.
Here Come The Warm Jets è più che altro un
tour de force vocale che culmina nel rocambolesco inno
psichedelico a ritmo pellerossa di Baby's On Fire. A una forma
intellettuale di demenzialità si attengono le cantilene di On
Some Faraway Beach, Paw Paw Nero Blowtorch e Driving My
Backwards, private del caustico mordente del music-hall e immerse
invece in una fredda razionalità armonica, erudite astrazioni
dell'eccentrico e dell'assurdo. La produzione è ancora
approssimativa e naif, con le chitarre alterate elettronicamente
di Fripp e Manzanera a guastare invece che
decorare, e la raccolta è un po' dispersiva, come se fosse
semplicemente un quaderno di appunti che si sono accumulati negli
anni.
Eno perfeziona l'idea con Taking Tiger Mountain, forte dell'aiuto
di Robert Wyatt alle percussioni e di Phil
Manzanera alle chitarre. Splendido sia nell'accezione di
desolata parodia (con l'ironia distaccata dei dandy) sia in
quella di saggio postmoderno, di scombinato affresco senza capo
né coda, castello superbo di rifiuti maleodoranti, puzzle
indecifrabile di gesti futili e di scatti nevrotici, monumento
all'intelligenza abnorme del quotidiano. Eliminando del tutto
quello che era stato il punto debole dell'esordio, il disco si
avvale del non plus ultra degli arrangiamenti, tanto da imporre
uno standard per il sound degli anni '70.
Concepito come musica per un balletto rivoluzionario cinese, il
disco propone non una ma tre geniali revisioni del modo
tradizionale di far musica: un modo di dar veste intellettuale
alle musiche del music-hall, l'idea di mescolare sonorità
etniche agli arrangiamenti della canzone occidentale, e
l'intuizione che le nuove tecniche di studio possono dar nuova
vita al genere della novelty.
Le gag sgangherate da avanspettacolo sono l'ultimo legame con il
rock, ma persino il valzerone marziale di Back In Judy's
Jungle (con simulazione elettronica di fisarmonica, coro
di fischiettii e tintinnio isterico di organetto di strada) e il
coraccio da pub della title- track tradiscono un'altezzosità
accademica che le situa in una dimensione meno goliardica
dell'assunto.
Il disco rigurgita poi di timbri e ritmi dell'Estremo Oriente. Fat
Lady Of Limbourg, Great Pretender e China
My China, sono altrettanti esperimenti di come una nenia
giapponese, un gong, le bacchette cinesi o le nacchere, e in
generale lo sterminato patrimonio delle musiche etniche di tutto
il mondo, possano venir mescolate agli strumenti della musica
rock.
Alla fine a svettare sono però i primi capolavori in quella che
è la specialità di questo periodo: la filastrocca a ritmo
martellante, una forma nevrotica e schizoide di
"singalong". Mother Whale Eyeless e Burning
Airlines sono costruite su una ripetizione ossessiva in
crescendo del ritornello, cantato a sua volta con nonchalance
androide, sul quale la chitarra di Manzanera volteggia
incendiaria. La struttura del brano deriva da una stratificazione
rocambolesca di effetti. In True Wheel si
succedono a rotta di collo: sintetizzatore schizoide e ritmo rock
and roll, declamazione didattica da cabaret brechtiano e coro
rivoluzionario, assolo pulsante di chitarra e raddoppio di ritmo
per il gran finale. E' in questi brani che si sublima l'idea di
un rock che non è più rock, che rispetta le regole armoniche
del rock ma ha perso i suoi contenuti emotivi.
Eno mimetizza la musica. Alla canzone toglie il motore e lascia
soltanto la carrozzeria. Attua organicamente un processo di
demolizione della realtà che precede il processo di montaggio
delle astrazioni. Nella contesa fra creatività e spettacolo Eno
viene tracciando la sua "strategia obliqua",
all'insegna di una spregiudicata fusione di modi dell'avanguardia
e di decadenza dozzinale che fa perno su una cinica retorica
dell'ambiguità.
Another Green World prosegue il discorso con
maggior consapevolezza, progredendo su tre piani paralleli:
quello della qualità del suono, che è sempre più cristallino,
quello dell'assimilazione dell'elettronica, che ormai è a pari
livello degli strumenti tradizionali, e quello dello
"straniamento" dell'atmosfera, che trasforma ogni
canzone in un'astrazione sempre più complessa. In un certo senso
questi tre piani si alimentano a vicenda: nella misura in cui
aumentano la sua attenzione e la sua dimestichezza con le
apparecchiature dello studio di registrazione diminuisce
l'emotività della musica che Eno produce con tali
apparecchiature.
La prima logica conseguenza di questo processo è che il canto
perde il suo ruolo guida e si fa largo poco alla volta la
concenzione di una musica lungo quelle direttrici ideologiche che
sia puramente strumentale. Persino lo svolgimento drammatico
della canzone perde di importanza, tant'è che proprio i brani
strumentali tendono ad essere concisi al massimo.
Gli strumenti (la chitarra di Fripp, la batteria
di Phil Collins, la viola di John Cale)
sono dosati in modo da accendere al massimo l'immaginazione,
trasformando gli spunti più innocenti in deliri metafisici.
Siano ritornelli orecchiabili come Golden Hours, bizzarrie
armoniche come Sky Saw, cadenze impossibili come St Elmo's Fire o
esotismi dozzinali come I'll Come Running e Everything Merges
With The Night, le "canzoni" brillano di luce riflessa.
Più allucinanti i brani (strumentali) che Eno esegue da solo,
trincerato dietro palizzate di tastiere, alla titanica ricerca
dell'aforisma sonoro capace di condensare in poche note le
sensazioni più profonde. Il metallurgico clangore industriale di
In Dark Trees, il mantra epico e cosmico di The
Big Ship, il balletto africano di Sombre
Reptiles, l'estasi celestiale di Becalmed,
la suspence sinistra di Zawinul Lava, il lamento
desolato di Spirits Drifting compongono un
mosaico di paesaggi (naturali e mentali) che si spinge ben oltre
i confini della musica rock.
I riferimenti possibili sono sparsi su un fronte enorme: i
balletti fauve, l'avanguardia dadaista, la muzak dei
supermercati, le colonne sonore di Hollywood e soprattutto il
rock psichedelico. Decantata e filtrata, la musica di Tiger
si riduce a schizzi di "maniere", a un mosaico di
"incompiuti", a una raccolta a seguire.
Eno affida ora gran parte dell'orchestra al sintetizzatore, che
è forse la vera voce del disco. Eno reinventa il ruolo dello
strumento, conferendogli una preminenza e una libertà da
strumento guida che soltanto chitarra e organo avevano goduto nel
rock.
Before And After Science sigilla la stagione di
questo "meta- rock", fondendo le conquiste dei due
dischi precedenti in un formalismo esasperato. La biologia sonora
di Eno seziona e ricompone cellule di rock contemporaneo, e in
quest'ambito la sua mano è ormai quella di un virtuoso.
Concepito in gran parte in Germania, dove ha soggiornato in
compagnia di Fripp e David Bowie e dove ha stretto amicizia con i
Cluster, il disco proclama in copertina il
debito verso le "strategie oblique" elaborate insieme
al disegnatore Peter Schmidt e si avvale di un'imponente schiera
di collaboratori, da Fripp a Fred Frith, da
Manzanera ai Cluster stessi.
Eno avanza sia sul fronte del ballabile tecno-esotico (le sincopi
stranianti e le cadenze caraibiche di No One Receiving e Kurt's
Rejoinder), sia su quello della cantilena rock and roll: in Backwater
azzecca una delle sue singalong più accattivanti, una delle
cadenze più demenziali e uno degli accompagnamenti di synth più
trascinanti, e in King's Lead Head si ripete con
un rock and roll mozzafiato battuto sulle mani e dissonato sul
piano, una corsa ferroviaria a tutta velocità con tocchi estrosi
di synth.
Eno scodella con raziocinio e restauro-mania filastrocche
psicotiche masticate fino alla nausea da un cantante meccanico,
ritmate in maniera paranoica, infarcite di arrangiamenti
sofisticati e con il sottofondo metafisico delle tastiere
elettroniche. Il catalogo di quadretti strumentali si arricchisce
di due miniature geniali: Julie With, liquida,
tenera e cristallina, e il lirico spunto pastorale di Through
Hollow Lands. Chiude il disco il salmo psichedelico e
cosmico di Spider And I.
Con questo terzo capolavoro, si compie la trilogia del meta-rock.
Eno ha cambiato per sempre la storia della musica popolare. Prima
di tutto ha capito che è cambiato il modo in cui si produce la
musica: l'artista non entra più nello studio di registrazione
soltanto per immortalare la canzone che esegue dal vivo;
l'artista entro nello studio di registrazione come un pittore
entra nel suo studio artistico: per dipingere (con i suoni).
Brian Eno conferisce semplicemente statura artistica al ruolo del
produttore, che dai primi anni '70 aveva preso il sopravvento su
quello dell'autore in innumerevoli casi.
Con questa trilogia Eno compie anche un'operazione subdola sul
"protagonista" della musica. La musica popolare
strumentale esisteva da quando esisteva la musica popolare, ma
nelle mani di Eno diventa qualcosa di diverso: tradizionalmente
un brano strumentale era semplicemente una canzone senza canto.
Ma era ancora fondamentalmente una canzone. Eno inizia
sottoponendo il formato della canzone a un processo di
progressiva spersonalizzazione: da un lato accentua la
complessità dello "sfondo" strumentale su cui si muove
il canto e dall'altro riduce l'interesse del canto utilizzando
uno stile di cantilena infantile e un po' robotica. In pratica
rende sempre meno interessante la parte cantata e sempre più
interessante la parte strumentale di una canzone, quella che lui
chiama, con una similitudine di nuovo pittorica, il
"paesaggio" di una canzone.
Il passo successivo consiste nell'eliminare del tutto il canto,
divenuto ormai inessenziale, e lasciare soltanto quel
"paesaggio", in tutta la sua complessità. Muore il
compositore di canzoni e nasce il pittore di suoni. Il brano
strumentale acquista un senso oltre il ritornello, per il
semplice fatto di essere un paesaggio (sonoro) interessante.
Nel complesso si ha l'impressione di un'opera di portata
rivoluzionaria, ma non di un'opera monumentale; di un quaderno di
appunti geniali, ma non di un solo grande capolavoro. Anche in
questo si riconosce l'appartenenza di Eno alla generazione
decadente, che ha ripudiato l'opus monolitica a favore del
frammento.
Il problema è forse anche che Eno ha ormai altro per la testa.
Nel frattempo ha infatti fondato l'etichetta Obscure,
attorno alla quale raccoglie alcuni talenti dell'avanguardia. Per
vararne l'ambizioso programma si cimenta in prima persona
coniando la Discreet Music.
L'opera consta di un lungo brano programmato che si liquefà
lento e seducente con piccolissimi interventi dell'esecutore,
corrispondenti a minime variazioni del suono; una musica che si
dipana per tocchi vellutati, per riverberi infiniti, per
sovrapposizione di interferenze; una musica che può essere
ascoltata e al tempo stesso "ignorata", una forma
"colta" della muzak in cui il compositore ha un ruolo
piuttosto passivo. E' l'esasperazione dei dischi realizzati con i
Cluster.
Eno cerca strutture minimali, lente e graduali, umili e solenni,
prive di sbalzi emotivi. La musica statica di LaMonte Young e i
continuum di Ligeti ne sono gli antecedenti più noti, ma il
punto di Eno è più radicale: il suo punto è
l'"inutilità" della musica.
La musica che l'ascoltatore fruisce non è necessariamente quella
che il musicista compone: ad essa possono essere sovrapposti
altri suoni, oppure semplicemente i rumori ambientali, e l'umore
stesso dell' ascoltatore può a sua volta mutare l'effetto
originale. Morale: tanto vale lasciar andare alla deriva un
pattern anemico e monotono. In questo modo l'influenza degli
elementi estranei sarà più evidente. Al limite questa musica
"discreta" serve a far fruire i suoni che non sono
stati registrati (quelli ambientali) e quelli che non esistono
(la predisposizione dell'ascoltatore).
Sul fronte rock Eno compie l'ultimo decisivo passo con la Music
For Films. Questo è infatti un collage di frammenti
solamente strumentali, che idealmente salda il miniaturismo di Green
World con le intuizioni di più ampio respiro della
musica discreta. Ognuna delle diciotto miniature che compongono
il disco pulsa di vita propria, tesa a fabbricare un'identità
sonora più che un'immagine precisa. Films segna
la transizione dalle gag surreali dei primi tempi a un
impressionismo contemplativo, quasi religioso.
Il nuovo linguaggio musicale è fatto di atmosfere sospese, di
quieti soprannaturali, di trasparenze oniriche, di nebbioline
metafisiche, di vortici galattici, di fremiti impercettibili, sui
quali domina uno spaventoso senso di vuoto. Una malinconia
universale presiede alle lente, leziose evoluzioni di queste
mini-sonate romantiche, che in certi punti ricordano le più
dolenti romanze senza parole di Mendelssohn (Slow Water), in
altri lambiscono i mantra (Sparrowfall, Events In Dense Fog,
Final Sunset), e in altri ancora disegnano suspence cosmiche
(Alternative 3). Per quanto eterogenea e occasionale, questa
raccolta segna il punto di massima perfezione formale della sua
versione minimale e romantica della musique concrete.
Poi Eno porta il concetto di "musica discreta" alle
estreme conseguenze con la Music For Airports.
L'opera fa parte di un progetto di "musica per
ambienti" nel quale Eno coinvolgerà altri sperimentatori (Harold
Budd, Jon Hassell). Con essa Eno si pone alla testa di
un movimento che intende dedicarsi alla produzione di musica di
sottofondo, analoga alla muzak degli anni '50 in quanto a
metodologia d'ascolto (o meglio di non-ascolto, poiché questa
musica è proibito ascoltarla con attenzione: dopo aver proibito
al compositore di comporre, Eno proibisce anche all'ascoltatore
di ascoltare), ma diversa nella costituzione.
Eno la
immagina colonna sonora della vita quotidiana tanto nei grandi
padiglioni di un'esposizione, quanto nelle vaste hall degli
aeroporti. Al di là del dichiarato rifiuto dei ruoli
tradizionali del compositore e dell'ascoltatore, la musica per
ambiente fissa i contorni di quel vuoto che s'intuiva in fondo
alla musica discreta.
Sia come sia in questo disco giunge a straordinaria maturazione
l'emulazione dell'onirica weltanschauung di Robert Wyatt,
dalla quale Eno era rimasto soggiogato fin dal tempo dei dischi
miniaturisti. Ora, invece che agire sulla tonalità del canto,
Eno diluisce i ritmi, li cancella del tutto, e sparge note di
pianoforte al ralentì.
I sedici minuti del primo brano sono suonati da Wyatt
in persona e sono i più trascendentali: ogni pattern pianistico
solleva eleganti volute di riflessi sotto forma di frammenti di
un estatico mantra elettronico. Il secondo brano è costituito
dalle pulsazioni, dagli echi e dalle sovrapposizioni di un coro a
cappella, le quali si susseguono metodicamente per otto minuti
dando l'impressione di un rimbalzare inerte di galassia in
galassia. Il terzo brano fonde piano e coro, ma, se il coro
conserva il suo moto religioso ed astrale, il pianoforte ha ora
un tocco più secco, procede per brevissimi scatti nervosi verso
una disperazione più umana.
In realtà il termine "ambient music"
assumerà nel tempo almeno tre significati diversi. Ai tempi di Discreet
Music Eno si rese conto dell'importanza che l'ambiente
riveste per l'ascolto: per esempio lo stesso disco può essere
ascoltato con uno stereo funzionante o con uno stereo difettoso,
e i risultati sono drasticamente diversi. L'alea di John Cage
viene qui trasferita dal processo compositivo a quello di
fruizione. In questa accezione non ha senso fare musica
"sensazionale", cioè una musica che sorprenda e
attragga l'ascoltatore, mentre è interessante fare musica
neutra, che scorra senza emozioni, eventualmente anche per ore.
Musica ambientale è poi quella che è concepita per un ambiente
ben preciso (film, aeroporto, supermercato, galleria d'arte), la
muzak dell'era tecnologica. Anche questa da ignorare più che da
ascoltare. E infine musica ambientale è quella che trae lo
spunto da un ambiente (anche con suoni concreti) e quindi
indirettamente lo descrive.
In pratica la musica ambientale di Eno non sarà nessuna di
queste tre, in quanto il non-musicista non si ferma lì. La
graduale progressione verso il movimento (dell'armonia e delle
sensazioni) prosegue infatti con i due dischi successivi, che
introducono elementi psicanalitici e coniano di fatto una sorta
di musica "psico-ambientale".
Ogni brano conserva comunque la caratteristica di staticità,
quel meccanico ripetere all'infinito il proprio geroglifico
sonoro oscillando nell'intorno della posizione di equilibrio. Le
principali differenze sono di umore (dal mistico-trascendente
allo psico-drammatico) e soprattutto di durata: il pattern
melodico/ritmico/armonico non viene ripetuto all'infinito ma si
arresta dopo quattro-cinque minuti.
Proseguendo il programma di Films, On Land è un
mosaico di otto ralentì evocativi spazzati da languidi soffi di
sintetizzatore. Abolito il ritmo, Eno scava fra un quanto e
l'altro del suo spazio discreto, dove, dicono i testi della
Fisica Teorica, il nulla è una fluttuazione casuale di onde.
La musica non è più che un coacervo di echi e vortici dilatati
nel tempo: gli uragani lontani impercettibili di Lizard
Point, la cupa frequenza cosmica di Lost Day,
i lugubri fruscii e stridori di Lantern Marsch,
i bagliori di chitarra dissonante di Denwich Beach,
i riverberi di versi di animali della jungla di Unfamiliar
Wind. Ogni composizione si replica ad libitum riciclando
in innumerevoli variazioni il proprio "tema". E' un
suono scarno, imploso, involuto, prodotto per decantazione
elettronica e concepito per evocare l'infinito attraverso stasi e
ipnosi, per simulare moti impercettibili della natura, per dar
suono a pure immensità astratte, per alimentare paure e incubi,
per comporre sinfonie di palpiti e bisbigli.
La quiete ossessiva di queste lente e perenni fluttuazioni è
violata dai disturbi organici, pulsanti, in ebollizione, di Tal
Coat e dalla suspence di Shadow, un
campo di cicale battuto dal soffio arcaico e orientale della
tromba di Jon Hassell.
La musica ambientale diventa musica-thriller, musica da brivido,
musica- suspence, musica di presagi sinistri, di terrori
irrazionali, di disordini interiori. La natura (l'ambiente di
turno) è una presenza malvagia, che incombe minacciosa. Tutti i
pezzi sono tetri, e la loro immobilità aggiunge al senso di
disagio un'attesa spasmodica del "qualcosa" che sta per
succedere.
Di ambiente in ambiente Eno arriva anche agli spazi siderali: Apollo,
colonna sonora per un documentario sull'esplorazione cosmica,
tenta il viaggio stordente dentro l'infinito. Anche questa è
musica psico-ambientale: dato il paesaggio, trovare gli effetti
sulla psiche umana (in altre parole il tema è: cosa prova un
uomo nello spazio? quali sono le sue sensazioni mentre fluttua
senza peso, mentre osserva la superficie terrestre alla deriva,
mentre si inabissa nel ventre buio delle profondità siderali?).
Non si tratta di descrivere il paesaggio reale, ma il suo effetto
sull'immaginazione dell'uomo comune.
I sessantun minuti di Thursday Afternoon
costituiscono invece la prova più radicale di musica discreta.
Ma più tipici del periodo sono i video-affreschi Fifth
Avenue e Mistaken Memories, sorta di
rock-veritè che nobilita ad arte, e arte di grande suggestione,
il medium appena nato della videocassetta.
Nella maniera ambientale escono anche Shutov Assembly,
avanzi di studio di registrazione accumulatisi fra il 1985 e il
1990, e Neroli, un'ora di musica ambientale
ultra-statica.
Eno diede i suoi capolavori in un periodo denso di avvenimenti
dal punto di vista organizzativo, ma pressoché nullo dal punto
di vista creativo. Eno si è dedicato sempre più intensamente
alla collaborazione con gli altri artisti della Obscure
e alla scoperta di nuovi talenti americani (padrino fra l'altro
degli Ultravox, dei Talking Heads,
dei Devo e della no-wave),
contribuendo anche in questo modo, con il suo marchio di
produzione, a gettare le basi per la musica del futuro.
Negli anni '80 Eno godeva di un carisma ormai inattaccabile. Eno
ha talvolta assunto l'atteggiamento di un ideologo del rock, di
un messia itinerante del jet-set musicale (soprattutto
newyorkese), che bada innanzitutto a tener ben desta l'attenzione
dei media su di sé e ad attrarre il maggior numero di talenti
nella sua sfera di influenza. La sua fama ha fatto sì che alcuni
dischi in cui la sua funzione è stata praticamente soltanto
quella di produttore siano stati co-intestati anche a lui, oltre
che al legittimo autore (Robert Fripp,
Cluster, Jon Hassell,
Harold Budd, David
Byrne, Roger Eno, John
Cale). La partecipazione di Brian Eno a un disco
è diventata un trucco marketing per fargli vendere qualche copia
in più.
Il filo contorto dell'esperienza musicale di Brian Eno segue in
realtà un percorso coerente, che dal consumo porta
all'avanguardia.
Eno rifiuta l'appellativo di "musicista" e preferisce
quello di "manipolatore di sistemi". La ragione sta in
una radicale revisione del concetto stesso di musica che,
parafrasando le sue stesse parole, può essere spiegato con
questo paragone.
Con la figura del "non-musicista" Eno ha in realtà
inventato la figura del compositore elettronico moderno. Ha
modificato lo standard del compositore in maniera che potesse
essere una persona qualunque e ha reso il sintetizzatore
artisticamente rispettabile.
Eno è anche importante in quanto rappresenta l'epitome
dell'artista indipendente: non ha un complesso, non tiene
concerti, non cerca scritture con le case discografiche, lo
strumento di cui è virtuoso è il tape-recorder, lavora da solo
nel suo studio di registrazione privato. Tutta la musica
indipendente discende da lui.
Partito da fonti tanto lontane fra loro quanto la psichedelia, il
music-hall e la musique concrete, Eno è pervenuto ad una sintesi
storica e geniale di avanguardia e sottocultura pop. Dalla world
music alla new age non c'è genere dell'avanguardia che non debba
qualcosa (o tutto) a lui.
DISCOGRAFIA:
Here Come The Warm Jets
(Island, 1973)
No Pussyfooting (EG, 1973) con Robert Fripp
Taking Tiger Mountain By Strategy (Island, 1974)
Evening Star (EG, 1975) con Robert Fripp
Another Green World (Island, 1975)
Discreet Music (Obscure, 1975)
Before And After Science (Island, 1977)
Music For Films (Polydor, 1978)
Music For Airports (Ambient, 1978)
In A Land Of Clear Colours (Voiceprint, 197#)
con Pete Sinfield
My Life In The Bush Of Ghosts (Sire, 1980) con
David Byrne
On Land (EG, 1982)
Apollo (EG, 1983)
Music For Films vol.2 (EG, 1983)
Working Backwards (EG, 1984) antologia
Thursday Afternoon (EG, 1985)
More Blank Than Frank (EG, 1986) antologia
riedito come Desert Island Selection (EG, 1989)
Boxed Set (EG, 1989) antologia
Wrong Way Up (Opal, 1990) con John Cale
Shutov Assembly (Opal, 1992)
My Squelchy Life (Opal, 1991)
riedito come Nerve Net (Opal, 1992)
Neroli (Gyroscope, 1993)
Essential Fripp & Eno (Gyroscope, 1994)
antologia
Instrumental (Virgin, 1994) antologia
Vocal (Virgin, 1994) antologia
Wah Wah (All Saints, 1995) con James
Spinner (Gyroscope, 1995) con Jah Wobble
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